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Note fruttate, gusto cremoso e fresco: ecco lo spumante Orvieto Doc

«Piacevoli note fruttate, gusto cremoso e fresco». Ecco lo spumante Orvieto Doc al primo assaggio della commissione tecnica del Consorzio per la tutela dei vini di Orvieto che sta seguendo l’evoluzione dei progetti di sperimentazione avviati con l’obiettivo di dare nuova linfa all’Orvieto alle prese con una nuova crisi. E uno di questi riguarda proprio la spumantizzazione che vuole strizzare l’occhio al mercato dove il prosecco non sembra conoscere flessioni nella sua inesorabile ascesa degli ultimi anni.

«E’ ancora troppo presto per poter fornire dei giudizi completi – hanno osservato i degustatori – considerando che la volontà è quella di lasciare il vino spumante sui propri lieviti per un minimo di altri sei mesi». Obiettivo di questa sperimentazione è quello di studiare il comportamento dell’uvaggio dell’Orvieto nel processo di spumantizzazione Martinotti. In questo caso, le uve sono state raccolte in anticipo rispetto al progetto precedente, in modo da garantire al mosto atto a divenire allo spumante un basso grado alcolico e maggior tenore acido. Tutto il processo di lavorazione ha rispecchiato le più rigide procedure previste per l’ottenimento dei grandi vini spumanti come la bassa resa delle uve in mosto (50%) attraverso la pressatura di grappoli interi. La presa di spuma è avvenuta dalla fermentazione del mosto di base, mantenendo fin dall’inizio una pressione di 6 Bar.

Per la commissione, presieduta dal direttore del comitato scientifico Riccardo Cotarella, ci sono già comunque «buone prospettive e concrete possibilità di sviluppo» anche sull’altra sperimentazione enologica sul comportamento del Trebbiano Biotipo T34, vitigno storico dell’Orvieto e più rappresentativo dell’uvaggio della Doc . A distanza di un mese dall’imbottigliamento è stata valutata l’evoluzione dei vini, ottenuti dalla vinificazione del Trebbiano Biotipo T34, coltivato nelle aree caratterizzate da differenti origini: vulcanica, argillosa, alluvionale e sabbiosa. «I primi risultati fanno già emergere un’interessante diversità sensoriale – è stato sottolineato – che ha permesso ai degustatori di individuare le caratteristiche riconducibili ai terreni di origine. I quattro vini mostrano differenze sostanziali in termini aromatici, di struttura  ma soprattutto stilistici».

fonte : ilMessaggero.it

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